27 gennaio 2021 – Giornata della Memoria
Liliana Segre – La musica e la morte
***in esclusiva per l’Associazione Musicale Lucchese***
Opera importante questa dedicata al Quartetto per la fine del Tempo di Olivier Messiaen, eseguito nel 1941 nello Stalag nazista di Görlitz. Campo di detenzione di prigionieri militari, in cui le morti si contarono, fra 1939 e 1945, in decine di migliaia. Eppure il 1941 è un anno prima della decisione di Wannsee sulla Endlösung. E Görlitz non era Auschwitz.
Ma il concerto del 15 gennaio 1941 con musica creata per l’occasione da Messiaen rappresenta comunque un evento storico. Un miracolo, per le condizioni in cui avvenne, ma anche un precedente.
Questo libro è importante per le molte cose che tiene insieme e valorizza: opere grafiche che richiamano l’eterna gigantomachia tra lo Spirito e la Morte, un testo che ricorda le condizioni in cui Messiaen produsse il suo lavoro; il riferimento soprattutto a una musica che ancora oggi si ascolta con piacere e commozione. Nel suo insieme questo lavoro costituisce anche un monito, l’occasione per riflettere su come nel ‘900 dei totalitarismi anche musica e cultura potessero essere vittime dei deliri sull’arte degenerata e strumento non ultimo delle politiche di persecuzione e sterminio.
È noto infatti come negli inferni concentrazionari nazisti gli aguzzini favorissero l’organizzazione di bande musicali e gruppi corali, a Theresienstadt furono addirittura organizzate delle stagioni operistiche. Era un modo diabolico di rendere davvero totalitaria, cioè tale da compromettere l’intera esistenza umana, materiale e spirituale, la realtà dei campi. Tra l’altro la presenza di orchestrine composte da detenuti serviva anche a camuffare meglio, durante le sporadiche visite dei campi da parte della Croce Rossa, la vera natura di quei luoghi.
Così poté accadere che ad esempio Viktor Ullmann, compositore austriaco di origini ebraiche, pochi mesi prima di morire realizzasse una composizione su testo di Rainer Maria Rilke, dal titolo Il canto di amore e di morte dell’alfiere Christoph Rilke; ma anche una vera e propria ‘opera da campo’ intitolata L’imperatore di Atlantide. Il che, per altro, non valse a scampargli le camere a gas di Birkenau
Il Quartetto di Messiaen rappresenta appunto un antecedente diretto di tutto questo. Un autentico experimentum in corpore vili, con cui i nazisti cercarono di capire come, in condizioni estreme di prigionia, si potessero sperimentare forme di coinvolgimento ‘creativo’ di alcuni detenuti, tali da favorire il divertimento degli aguzzini, ma soprattutto la migliore gestione dei loro piani criminali di sterminio.
Per noi, dunque, non solo ricordare necesse est. Ma anche recuperare il senso autentico della musica, dell’arte e della cultura, come vertici della libertà e della creatività umana. Antiveleno contro tutte le subculture della Morte e della Violenza. Il modo migliore per opporre alla barbarie totalitaria non solo una condanna di routine, ma i sensi di un superiore livello di civiltà e di dignità umana. Perché ancora e sempre possa dirsi di noi tutti: “Nati non foste per viver come bruti”.
Il nostro grazie va alla Senatrice Segre, alla Casa Editrice Colophon
e a Sandro Cappelletto (per la consueta preziosa vicinanza)