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Barbara Crescimanno,
Lidia Fortunato,
Sabrina Arena,
Giulia Ferrara,
Silvia Salomone,
Veronica Racito,
Annalisa La Barbera,
Antonella Sgobbo,
Roberta Megna 
voci

Alle origini della tradizione teatrale occidentale c’é il coro greco, un ‘personaggio collettivo’ che in onore di Dioniso, dio dell’ebbrezza, si muove, danza, canta all’unisono.
Il coro della tragedia è nato però sull’archetipo dei cori rituali di Ninfe, Muse e Baccanti, da cui derivano anche i cori iniziatici di adolescenti e giovani donne e uomini del mondo greco arcaico.
Ancora più a ritroso nel tempo, nel Mediterraneo (e a maggior ragione anche nel suo centro, la Sicilia) le più antiche attestazioni archeologiche riguardanti la danza e la musica erano legate al mondo rituale delle lamentatrici funebri – sacerdotesse di divinità femminili della morte e della vita – e al tamburo a cornice: strumento rituale prettamente femminile.

‘Tri donni vidi ripitari’ ne racconta la storia in molti modi: è una novella tradizionale, una testimonianza collettiva senza padrone, un mito archetipico senza tempo, una relazione critico-programmatica, una fiaba della buonanotte che mette paura, una narrazione personale che vuole cercare un ordine (e non lo trova), un groviglio di generi, colori, sguardi, suoni e provenienze dal mondo femminile.
Un racconto tra morte e vita, voci, tamburi e danza. 
C’era una volta (e una volta non c’era). Dove? In Sicilia. Quando? Sempre…


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